Tabella dei contenuti
Siamo arrivati al nostro ultimo giorno di permanenza sul Lago Titicaca. Tra poco lasceremo l’acqua e torneremo a Puno, dove prenderemo l’ultimo autobus del nostro tour peruviano, quello che ci porterà alla tanto anelata Cusco. Prima, però, godiamoci le bellezze di Taquile, un’isola che sa di Mediterraneo, ma che si trova non molto lontano dalle isole galleggianti degli Uros, di cui abbiamo parlato negli articoli precedenti.
Com’è Taquile?
Appena sono arrivata a Taquile non mi sono sentita in Perù, ma piuttosto su un’isola greca. La vegetazione, le costruzioni in pietra, le calette con la sabbia, gli arbusti e il mare di quel blu intenso che si vede solitamente a Santorini o a Creta, mi hanno fatto tornare con la mente in Europa. Se non fosse stato per la nostra tanto amata altitudine, che qui si è decisamente sentita. Sì, perché la città principale -che poi chiamarla città è un parolone- si trova proprio in cima all’isola, a 3.950 m.s.l.m. Ed è qui che entrano in gioco le foglie di coca, nostre fedeli alleate di tutto il viaggio, da Arequipa in poi. Le foglie di coca si possono o masticare o mettere in infusione nell’acqua bollente: aiutano a sopportare meglio l’altitudine, a digerire, a non vomitare, a calmare il mal di testa, insomma servono a tutto. Io ne ho fatto un ampio uso, anche se purtroppo il fiatone delle salite, no, quello non lo tolgono e non aiutano nemmeno quando la notte ti svegli improvvisamente perché ti manca l’aria.
Un’isola di grandi lavoratori
Camminare in salita a un’altitudine così elevata è come fare le scale di casa a corsa per un sacco di volte: prima o poi ci si abitua, ma si rimane comunque sempre increduli nel vedere i locali -anche persone anziane- salire alla velocità della luce, con sacchi di alimenti pesantissimi sulla schiena. Sia nella salita verso il paese che in discesa quando ce ne stavamo andando, abbiamo incontrato moltissime persone trasportare anche 10 kg di riso… e a me che pesava lo zaino! Dovete sapere, infatti, che a Taquile non esistono animali da soma, né carretti, né tantomeno auto, motorini o quant’altro potrebbe aiutare nel trasporto degli oggetti pesanti. Pertanto sono i taquileños, sfoggiando rigorosamente i loro vestiti tradizionali, a caricarsi in spalla ciò che serve.
Tradizioni dei taquileños
Arrivati in cima tra una fermata e l’altra per riprendere aria, passiamo un po’ di tempo nella piazza principale, dove ci sono bambini e bambine che giocano a pallone. Le bambine, così come le donne adulte, non indossano i classici cappelli peruviani che ci siamo abituati a vedere: sul capo hanno un lungo velo nero che termina con dei pompon colorati. Gli uomini, invece, indossano un cappellino rosso, sempre con pompon, camicia bianca e gilet. A seconda di come termina il cappello, si può intuire se l’uomo è sposato o meno, o se cerca moglie.
Un po’ di storia
In paese, a parte il panorama sul lago e un mercatino di prodotti tipici, non c’è granché da vedere: in una specie di bazar ci fanno un timbro sul passaporto per essere arrivati in cima e scopriamo qualche curiosità in più sulla vita degli isolani. Taquile è stato uno degli ultimi agglomerati inca a capitolare al dominio spagnolo nel XVI secolo, attualmente ci vivono circa 2.000 persone e si parla il quechua, una delle tre lingue ufficiali del Perù, nonché antica lingua parlata dagli Inca. A Taquile si vive ancora più primitivamente che sulle isole Uros: qui non c’è illuminazione elettrica, non ci sono hotel, si vive di pesca e si lavano i panni con un detergente naturale, ricavato da una pianta –chukjo– che, unita all’acqua e stropicciata sul tessuto fa la schiuma e pulisce. Inoltre, a differenza degli Uros, i taquileños non fanno avanti e indietro da Puno con facilità, perché la distanza è piuttosto ampia. Se ne stanno quindi sulla loro isola di 5 km x 1 a passare il tempo, lontani dal resto del mondo.
Ora è tempo di lasciare Taquile e il Lago Titicaca, e concludere il nostro tour peruviano con la visita all’ultima città, probabilmente la più importante per i luoghi che si possono raggiungere da lì. Cusco, dominata dalle montagne, patria del trekking per eccellenza, forse la vera meta di tutti i viaggiatori a spasso per il Perù. Nei prossimi articoli parleremo di come abbiamo raggiunto le Rainbow Mountains, le famosissime montagne striate di rosa, e della nostra rocambolesca avventura che ci ha portato a Machu Picchu.
Forza, saliamo sull’autobus: ci aspetta uno scomodo e brutto viaggio notturno di oltre sei ore. Ma come sempre, ne varrà la pena!