Il viaggio all’Avana non l’ho programmato granché, penso sia stato l’inizio di un cambio di chip nel mio cervello, il momento in cui ho deciso di viaggiare in modo diverso, distaccandomi dalla mia organizzazione folle. Volevo sentirla la terra cubana, volevo farmi trasportare dai suoi colori.

L’Avana va vissuta nella sua interezza: tra le sue strade dissestate, tra le sue case diroccate, con la sua gente.

Ogni qual volta uscivo dalla mia casa particular mi imbattevo in gente pronta ad aiutarmi, persone a cui non avevo chiesto nulla, ma che semplicemente guardandomi mi fermavano per darmi dei consigli. Ho incontrato persone disposte a perdere mezz’ora del loro tempo per dirmi cosa vedere, dove mangiare e come raggiungere una festa di quartiere. Non lo fanno per denaro; è vero, alcuni mi hanno chiesto qualche CUC, ma se non ne ricevono continueranno a parlare, cosa che mi ha fatto capire come funziona questa città del tutto unica e fuori dal tempo.

Non abbiate quindi timore di chiedere qualche informazione; è molto probabile che incontriate un simpatico signore che, oltre a dirigervi verso il luogo desiderato, vi dia alcune dritte preziose come, ad esempio, quella di non bere acqua non imbottigliata, non comprare sigari in strada e non andare a mangiare nella piazza della cattedrale perché troppo caro e molto poco cubano. A me è successo e in più mi ha regalato un libro e una rivista su Fidel Castro, insieme a un peso cubano -non più in circolazione- con il volto del Che.

Sì, perché i cubani amano parlare con le persone, sapere da dove vengono, spiegare loro qualcosa riguardo al loro paese, esaltando ciò che c’è di buono in una città dove il degrado regna sovrano. Forse lo fanno per farci amare L’Avana quanto la amano loro.

Ho girato in lungo e in largo a piedi, cercando di passare anche per le vie meno turistiche che sono perfettamente percorribili senza nessun pericolo, persino di notte. Altra particolarità della città, infatti, è proprio il paradosso tra povertà e basso tasso di criminalità, in particolare nel quartiere della Habana Vieja. In un posto dove la gente in casa non ha acqua corrente, mi sarei aspettata un diverso tipo di “accoglienza”, ma all’Avana no; si potrebbe dire che il turista è in qualche modo intoccabile, almeno nel centro città. Non ci si deve far impaurire dalle strade buie, pressoché prive di illuminazione. Nessuno è intenzionato a infastidire.

Punti d’interesse all’Avana

La città è piccola ma molto colorita e piena di luoghi interessanti: visitate la Plaza Vieja, la cattedrale, Plaza de las Armas e le vie più importanti della città, Carrer MercaderesCarrer Obispo. La zona vecchia è senza dubbio la più turistica ma comunque suggestiva. In ogni angolo si percepisce lo spirito cubano, quello attaccato alle reminiscenze del passato, al periodo florido del paese e, di conseguenza, alla memoria di Fidel Castro, personaggio idolatrato all’inverosimile.

Auto all'Avana

 

L’Avana

Qui il tempo si è fermato a cinquant’anni fa: pochi sono i segni di manutenzione ma forte è il desiderio di riportare gli edifici simbolo al loro antico splendore. Tutto vuole riportarci indietro nel tempo; tante sono le farmacie rimaste identiche ad allora, come tanti sono i caffè storici, magari per aver avuto tra i clienti Ernest Hemingway o Simón Bolivar. La Floridita, per esempio, dove si narra che il celebre scrittore statunitense abbia inventato il cocktail daiquiri e che sia riuscito a berne ben tredici in una sola serata; o la Bodeguita del Medio, dove i maggiori esponenti politici del tempo si riunivano, chissà se per decidere le sorti del paese o solo per bersi insieme un mojito.

Da non dimenticare l’edificio Bacardi, che di per sé non è bello, o meglio non lo è più. Oggi possiamo solo immaginarci quel che è stato, la rilevanza che ha avuto. La maestosità del palazzo in stile Art Déco costruito nel 1930 si è ridotta a un vecchio hotel dismesso dove un altrettanto vecchio guardiano si sorprende nel vedere due visitatori. Per 1 CUC a persona si può salire fino alla terrazza dove, per vedere il panorama, ci si deve arrampicare su dei muretti. Entrando nell’ascensore che sale a stento, varcando la soglia della terrazza e guardando su -in cima alla torre più alta dove primeggia una statua d’oro con lo stemma di casa Bacardi-, ci si rende conto di ciò che questo edificio è stato e di ciò che è adesso: un lontano ricordo di un periodo sfarzoso che non c’è e non ci sarà mai più.

Nonostante questo abbandono, los habaneros hanno la capacità di guardare il bicchiere mezzo pieno e tra balli, canti e feste di quartiere permettono a una città quasi morta di rivivere. È con questo spirito che ho amato passeggiare per il Malecón, il famoso lungomare, per poi lanciarmi in balli latini nei caffè, e con lo stesso spirito mi sono sentita un po’ cubana quando anche io mi sono posizionata in piazza per collegarmi a internet grattando la scheda telefonica.

Niente Instagram e video in tempo reale per una volta. Quando sono tornata alla vita europea, frenetica e piena di tecnologia, ho un po’ rimpianto quei momenti, le passeggiate per il Paseo Martí, il Capitolio in eterna ristrutturazione, le decine di coloratissime auto d’epoca che sfilano per le strade e, persino, il costante odore di benzina che invade la città.

Perché tutto questo è L’Avana, ed è bella così com’è.

Ancora voglia di Caraibi? Leggete il mio articolo sulla Repubblica Dominicana.

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